lunedì 13 luglio 2015

Quando per la prima volta diventai cicogna


Quando per la prima volta diventai cicogna...

Parlare per metafore.


Metafore che colpiscono dritto al cuore, come becchi affilati.
Metafore non sempre comprensibili ad una prima lettura. Metafore per raccontare un tema forte, troppo forte, per parole normali. Uno di quei libri per ragazzi che sembra scritto per gli adulti, per sorprenderci e ammirare la bellezza stupefacente e sempre nuova delle parole.

Poche lettere, un numero finito, si uniscono ed in una danza imprevedibile e frenetica creano parole, suoni, segni. Cambiano gli ordini come bambini indisciplinati in fila, non vogliono saperne di starsene fermi. Saltellano isterici avanti e indietro, componendo texture sempre nuove e multiformi.
Creano dei clan, delle comitive, si dispongono e sembrano ordinarsi, ma solo momentaneamente, sul nostro foglio. E non solo, da 21 lettere sono capaci di regalarci infinità di parole e frasi e testi ma infinità di significati, labirinti di sensi e doppi sensi, evocazioni, immagini e sogni.
Leggo e non posso non soffermarmi sulla bellezza di tutto ciò, un fenomeno che non riesco a spiegarmi nella sua inabbracciabile grandezza, come la creazione, come la vita.
E sulla maestria di chi decide, non solo di raccontare una storia, ma di raccontarla cercando di sfruttare al massimo le possibilità e le connessioni magiche del linguaggio.

"Quando per la prima volta diventai cicogna, la finestra era chiusa e il mare tanto lontano.
Diventai cicogna anche se a me piacciono molto di più i gabbiani.
Forse perché la mattina a scuola Mariella aveva scherzato sul fatto che qualcuno di noi crede ancora che siano le cicogne a portare i bambini.
Io ci crederei ancora volentieri. E' che non posso. Non posso proprio."

Leggendo questo libro mi sono riproposta di provare l'esperimento estremo e farlo addentare a dei ragazzi senza dire neanche una sola parola per anticiparlo. Le metafore diventano una gabbia?
E' nel libro la chiave per la libertà o l'autrice ha dimenticato di indicarci dove cercarla?
Una splendida commistione tra romanzo per ragazzi, poesia e esercizio di stile.
Un libro unico nel suo genere e profondamente toccante.

Le parole che evocano...
scorro le righe e non posso fare a meno di pensare a quel paesino visitato per caso alcuni anni fa, le cicogne nei loro nidi pagliericci sui tetti spioventi, il ticchettio nervoso dei loro becchi, il sole caldo di agosto, il bianco accecante.
Non posso fare a meno di ricordare la scena de 'Il cigno nero' in cui la schiena si deforma in una piega di dolore.

 Mi sono permessa di trascrivere alcune frasi che secondo me hanno una potenza linguistica evocativa veramente sorprendente, piccoli quadri racchiusi in poche parole.

Nella stanza l'umidità con le sue macchie racconta storie di fantasmi e fragole.

Mi prende la voglia del ricordo di piangere.

La vestaglia della mamma è scucita sull'orlo che pende in certi punti come onde del mare.
Gli occhi della vestaglia sono spenti e non respirano. La mamma è diventata una vestaglia da camera, di quelle che si comprano nei supermercati al reparto occasioni.


Si sono insinuati di nuovo i ricordi. Ci sputo sopra.
Credo che il collo mi si stia allungando, fa male diventare cicogna.


Sorrido, da qualche parte, non con le labbra, non ci riesco.

Apro la finestra perché so che da qualche parte ce il mare. Se apro la finestra il mare non mi sembra cosi lontano, posso sentire anche la risacca, se sto attenta. La risacca mi fa dondolare e mi lava via lo sporco. La risacca mi fa anche un po' sognare. Poco. Io ho paura dei sogni. Ma se sogno poco posso ancor andare avanti.

Il cane latra in silenzio il suo ordine.

Lui mi prende la mano e capisco che sente le penne delle ali da cicogna.

Ora non ho più vestiti da togliermi, solo le penne. E quelle non si possono togliere neppure per fare il bagno.


  

Nessun commento:

Posta un commento