sabato 26 settembre 2015

La bomba

Il libro inizia subito "in media res"...ma questo l'ho scoperto dopo, da grande, quando abbiamo iniziato a sminuzzare e scomporre libri al liceo.
Prima per me era solo un'inizio che catturava subito la mia attenzione.
Anzi, prima era un inizio come gli altri perché non mi ero mai soffermata a riflettere sulla differenza, solo che non riuscivo a smettere di leggere.
Poi un giorno un professore alle scuole medie inizia a leggere una storia e ci fa notare la prima frase, un'esclamazione. Niente presentazioni, niente cappelli, così, la pagina si apriva ed il primo segno di tutto il libro erano delle virgolette: ".
Quella scoperta mi ha aperto gli occhi per la prima volta: scrivere un libro non è solo raccontare una storia, trovare parole, tante parole, parole giuste ed uno sviluppo. Scrivere è dirigere un film, è catturare l'attenzione strategicamente, manovrare il lettore.

'La bomba' non fallisce nell'intento, anzi, è un magistrale esempio di come rendere un lettore un burattino legato a spessi fili di suspance: un inizio al cardiopalma, una minaccia incombente, capitoli alternati tra realtà e lotta per la sopravvivenza del presente e attesa e normalità del passato, uno sguardo di bambino attento.

Un bambino che vive la sua quotidianità nel timore della fine di tutto, la fine del mondo, dell'umanità, lo scoppio della bomba atomica che come un fantasma aleggia nelle loro menti e nei loro sogni ancor prima di manifestarsi e che plasma le loro vite di adolescenti "forse senza un domani".
E poi c'è la botola.

Nella notte uno scoppio e tutto cambia prospettiva.

Qualcuno sostiene che il libro ci spinge a riflettere su "Cosa sarebbe successo se...?", che l'autore ha voluto modificare la storia per immaginare una realtà diversa, ma io non sono del tutto d'accordo.
Per me il pensiero è la realtà.
Una famiglia spaventata, una nazione spaventata, in cui il timore e l'imprevedibile hanno riempito le loro vite più dello scorrere del tempo, in cui tutto sembra perdere significato, anche un rumore può far saltare la molla.
E allora, tutti giù nella botola, 'tutti' quelli che ci entrano.
E tutti al buio.

Nessuno ha il coraggio di affacciarsi, l'idea è diventata realtà. La realtà di dover attendere settimane prima di poter uscire per le radiazioni, l'idea di essere rimasti forse soli, l'idea che nulla sarà come prima, fuori e dentro di loro. Un dentro che, come osserva il bambino, ogni giorno cambia confini e perde un po' di umanità per renderli sempre più soli.

Il libro presenta scene e tematiche forti, narrate magistralmente.
Per me, nel mio letto che leggo, la cosa più affascinante era pensare, cinquant'anni dopo, che nessuna bomba scoppiò e che la botola, e tutto quello che rappresenta, poteva essere evitata. 
Avrei voluto strillare a quelle famiglie intrappolate, spaventate e disperate: "Uscite! Non è successo niente! Non restate lì' a morire di fame, non diventate selvaggi per sopravvivere! Tornate su, potete farlo!".




 

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